La difesa della Costituzione è uno dei luoghi comuni più logori della sinistrata sinistra italiana. In linea con l’oscurantismo tipico del nostro Paese quando si tratta di parlare del periodo post Resistenza, si sottolineano sempre i forti valori dei Principi Fondamentali, dimenticandosi come la Seconda Parte, quella che costruiva l’architettura della Repubblica, fu pensata in diretta continuazione con i regimi precedenti. Questo preambolo serve, però, soltanto a chiarire come il mio intento non sia quello di inserirmi nello stesso filone di puristi della Carta: non è delle cose negative che ruotano attorno a questo storico documento di cui vorrei parlare. Anzi, l’obiettivo è proprio quello di cercare di recuperare quei fantomatici valori, tanto per capire come gli attuali interpreti dei giochi istituzionali italiani se ne facciano eredi o traditori.
E, da ritardatario cronico come sono, vorrei iniziare con una vecchissima polemica portata avanti dal simpatico (ex) Ministro Brunetta. Ricordate? Per lui la frase “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” non significava letteralmente nulla e proponeva di sostituirla con una formula più “razionale”. L’opinione, che fece arrabbiare molti fra i più sfegatati fan della nostra Carta, trovò però riflessi anche tra analisti e storici. Si disse che il primo articolo è una sorta di mediazione fra diverse tradizioni e che il riferimento al lavoro, di grande significato retorico, ma (pare) nulla di più, era soltanto una concessione ai comunisti. Insomma, l’espressione “fondata sul lavoro” sarebbe soltanto il cappello messo dai comunisti alla Costituzione, su concessione delle altre forze che avevano fatto la Resistenza e che ora partecipavano alla Costituente.
Non mi interessa qui entrare nei dettagli più storici, quanto porre una domanda: ma perché i comunisti si accontentarono di questo “cappello”? Qual’è il significato simbolico dell’espressione “fondata sul lavoro”? Cioè, anche ammesso che fosse solo una frase vuota, ma “evocativa”, che cosa evocava esattamente di così tipicamente “comunista”? Continue reading →