Solo un treno? Solo la democrazia!

il tav non passa

“È solo un treno..”- ha detto Bersani ospite della trasmissione di Santoro qualche giorno fa- non vale forse la pena di scaldarsi tanto. Eppure per essere “solo un treno” sembra che quelli a scaldarsi troppo siano proprio i cosiddetti “Si Tav”. Rabbiose dichiarazioni di ogni tipo riempiono infatti i giornali in questi giorni e gettano una nuova luce sulla realtà del conflitto che si sta combattendo (ed io dico anche su altri che si sono svolti in passato). Continue reading →

Non si torna indietro: #NoTAV oltre la dinamica della paura

No TAV in tangenziale

Il corteo di ieri a Roma ha dimostrato, negli occhi di chi c’era, la vera forza del movimento NO TAV. Il segno di quanto sta succedendo non lo si può leggere sulla base di avvenimenti marginali come la cacciata di qualche giornalista. E neanche nel fato di aver bloccato una tangenziale, prova di forza di per sé importante.

Il senso di quello che è successo ieri è l’andare oltre lo sbarramento della paura. Il circolo politico-mediatico che sta accerchiando i NO TAV mira innanzi tutto a fiaccarne le fila. “I NO TAV sono pochi ed isolati, legati a doppio filo con frange estremiste” ripetono come un mantra giornalisti prezzolati e politici “interessati”. Sperano che a forza di ripeterlo si trasformi in realtà. Continue reading →

#NOTAV : la democrazia selvaggia è di scena

bandiera no tav

Il nostro caro Mario Monti ha deciso: la TAV si fa, con le buone o con le cattive. Un profilo duro, che arriva tardivo, dopo che l’apice dello scontro fra lo Stato e la Valle è stato già raggiunto.

Questo ritardo non sorprende più di tanto, essendo quello Monti un governo tecnico. Il buon Mario aveva ed ha le mani legate: non può certo chiudere una Grande Opera votata dai due maggiori partiti che sostengono la sua maggioranza. E non poteva neanche scegliere la linea dura esponendo l’esecutivo ad un’eventuale gogna mediatica. Continue reading →

No Tav: il problema violenza e la violenza di Stato

no tav

Dopo la caduta dal traliccio di Luca Abbà, a cui auguro di riprendersi il più presto e meglio possibile, mi pare d’obbligo dar corpo a una riflessione sulla violenza e sul ruolo dimenticato che essa dovrebbe ricoprire nella lotta. In Val di Susa si consuma ormai da anni una contrapposizione tra la ragion di Stato e le rivendicazioni di alcuni cittadini che questa grande opera non l’hanno mai voluta. Questa contrapposizione si è nel frattempo inasprita sempre più perché le ragioni del movimento No Tav non sono mai state veramente ascoltate. Continue reading →

Val di Susa: fenomenologia di uno stato canaglia

All’inizio si trattava solo di un gruppo di valligiani non meglio identificati, certamente italiani, troppo italiani. Erano quelli del nimby, “not in my back yard”, quelli che, a detta anche della cosiddetta sinistra di governo, erano i tipici italiani che rifiutano la modernizzazione, solo perché richiede sacrifici.

Poi sono diventati teppisti, estremisti oppure solo cittadini onesti manipolati da violenti nell’orbita di qualche centro sociale. Si è imposta la più classica logica dualistica, buoni e cattivi, con la necessità da parte dei primi di dissociarsi dai secondi. Sono fioccati gli arresti ordinati da una delle punte di diamante della cosiddetta magistratura democratica di questo paese e loro hanno detto “siamo tutti black block” non cogliendo l’opportunità di redenzione che gli veniva offerta. Si sono mostrati compatti nel resistere all’attacco della magistratura, parte del fin troppo evidente progetto di disarticolazione del movimento ed hanno mostrato quanto questo apparato di potere che contro di loro si è scagliato, oltre alla violenza, avesse poco più che una arrogante ciarlataneria. Continue reading →

Non facciamoci arrestare!

Si urlano sempre tanti slogan per strada o sul Web. Uno dei più comuni per ora è: “La rivolta non si arresta!” o, come giustamente è stato scritto: “la democrazia non si arresta!”.

L’arresto dei compagni No TAV ha molto a che fare con la democrazia. Non si tratta qui di fare un’apologia al ribellismo, anche perché non si tratta di ribellismo. Una valle sta resistendo alla violenza inaudita dello Stato; violenza che i media non sembrano nemmeno capaci di nominare.

Anni di documenti, di stime fatte per dimostrare l’inutilità di una grande opera pensata soltanto per fare arricchire le banche finanziatrici; anni di cortei, di sit-in, di assemblee, di esperienze politiche, di incontri pubblici con membri di partiti, di lettere e comunicati; anni di lotta che dovrebbero andare in secondo piano di fronte alla prepotenza del “abbiamo i voti, abbiamo deciso così, si fa così”.

Chiunque arriva a capire che non è il voto a rendere “democratico” un sistema. E la pratica ripetuta di zittire le voci contrarie e imporre le decisioni “istituzionali” con il manganello accomuna il nostro Paese alle dittature fasciste. Continue reading →