Non si torna indietro: #NoTAV oltre la dinamica della paura

No TAV in tangenziale

Il corteo di ieri a Roma ha dimostrato, negli occhi di chi c’era, la vera forza del movimento NO TAV. Il segno di quanto sta succedendo non lo si può leggere sulla base di avvenimenti marginali come la cacciata di qualche giornalista. E neanche nel fato di aver bloccato una tangenziale, prova di forza di per sé importante.

Il senso di quello che è successo ieri è l’andare oltre lo sbarramento della paura. Il circolo politico-mediatico che sta accerchiando i NO TAV mira innanzi tutto a fiaccarne le fila. “I NO TAV sono pochi ed isolati, legati a doppio filo con frange estremiste” ripetono come un mantra giornalisti prezzolati e politici “interessati”. Sperano che a forza di ripeterlo si trasformi in realtà.

In fondo, quando reprimi per anni un movimento col manganello e con gli idranti, ti aspetti che esso si incattivisca e prenda sempre più la forma di un agglomerato di esagitati anti-sistema. Questo deve succedere, per forza di cose. E quando succede, il terrore porta a far errori ed il movimento si spegne isolandosi davvero. Ma la giornata di ieri ci racconta un evento diverso. Famiglie e centri sociali, studenti ed extra-comunitari uniti in un’abbastanza pacifica deviazione dal tracciato legale del corteo. Abbastanza pacifica, ma sicuramente “forte”, per quella differenza fondante che ci sta tra la violenza e la forza.

I “buoni” ed i “cattivi” stanno insieme. Li unisce Monti quando da un lato chiude al dialogo, dall’altro ci chiede di isolare i violenti. Perché sono proprio le prove di forza quelle che lo stanno costringendo a muoversi, a parlare, a venire fuori ed esporsi. Ed i pacifici manifestanti capiscono che bloccare una tangenziale è l’unico modo per pacificamente arrivare ai giornali di tutta Italia e costringere la politica istituzionale a parlare di Val di Susa.

E mentre si scopre che i politici neanche sanno cosa sia la TAV, finalmente i giornali si degnano di parlare di cifre e di dati. Provano a spiegare le loro ragioni con qualche dato oggettivo. A parte i compagni de Il manifesto, lo fanno quelli de Il Fatto Quotidiano, quelli di Repubblica (occupy Repubblica è servito a qualcosa) e persino quelli de Il Giornale. L’articolo fazioso di questi ultimi sulle “bugie” dei NO TAV è comunque un dato positivo. Il dibattito pubblico si è spostato sulla TAV, la gente può farsi un’opinione: il merito è di chi blocca le autostrade, i treni ed affronta senza paura le manganellate.

Si dice che l’opinione pubblica italiana sia contro i NO TAV. Facile, dopo la merda tirata su a palate da TV e giornali. Ma non è l’onda corta dell’opinione quella che conta: la verità è che il movimento NO TAV si sta radicando sempre più in tutto il Paese, insegnando pratiche e concetti politici con l’immediatezza del suo essere.

Ed il Governo è nei guai. In grossi guai. Proprio nei giorni in cui deve riuscire a fare approvare la riforma del mondo del lavoro, l’Italia riscopre pratiche di lotta radicali. Che cosa succederebbe se si saldassero la rivendicazione per il welfare, per l’articolo 18 e quelle contro la TAV? Diciamolo, sarebbe un bel casino. E questo perché la Val di Susa, e con lei tutti i NO TAV d’Italia, non stanno cadendo nella trappola della paura. “Non facciamoci arrestare“, dicevo qualche tempo fa. Avanti così, parafrasando Andrea Pazienza: “non torniamo indietro neanche per prendere la rincorsa”.

Simenza