Solo un treno? Solo la democrazia!

il tav non passa

“È solo un treno..”- ha detto Bersani ospite della trasmissione di Santoro qualche giorno fa- non vale forse la pena di scaldarsi tanto. Eppure per essere “solo un treno” sembra che quelli a scaldarsi troppo siano proprio i cosiddetti “Si Tav”. Rabbiose dichiarazioni di ogni tipo riempiono infatti i giornali in questi giorni e gettano una nuova luce sulla realtà del conflitto che si sta combattendo (ed io dico anche su altri che si sono svolti in passato).

Si va dall’inquisitore Violante che redarguisce con tono d’anatema chiunque coltivi qualche collateralismo con una protesta violenta che si arroga addirittura il privilegio di definirsi resistenza, macchiando il nome di quella con la r maiuscola, mitizzata con l’unico intento di renderla irrilevante. Si prosegue con il Presidente Giorgio Napolitano sempre più irrigidito (a causa forse dell’età avanzata) dal suo autoritarismo, che non solo si rifiuta sdegnosamente di incontrare i sindaci No Tav contravvenendo ad un elementare principio di cortesia istituzionale, ma ammonisce anche chiunque voglia continuare a protestare (ed io dico a “lottare”) ad abbandonare ogni metodo violento e illegale, ritornando a far parte di quel grande coro a bocca chiusa che è l’unica forma di opposizione concessa quando le decisioni da prendere sono veramente importanti. E si potrebbe andare avanti a lungo con l’elenco di questi sacerdoti delle istituzioni dalla composizione estremamente eterogenea, ma ciò che a mio avviso è molto significativo è proprio che ormai i giornali ed i mezzi di informazione, non esitino a definire questa rigidità delle istituzioni come “linea della fermezza” rievocando il tristemente famoso atteggiamento di chiusura dello Stato ai tempi del sequestro Moro e negli anni seguenti: decisamente singolare che per un buco in una montagna si invochi la ragion di Stato!

È vero forse allora che in questa vicenda sia in gioco ben di più ed è per questo che il conflitto sia così duro. Cosa è in gioco allora se non si tratta solo di un treno? Solo la democrazia direi. Ciò che infatti tutti coloro i quali si esprimano nel modo violento di cui prima si è parlato non fanno altro che proporre è una soluzione autoritaria ad una crisi di rappresentanza. C’è da una parte infatti il centro sinistra (particolarmente esposto in questa vicenda) che è stato in grado di far digerire con la mediazione degli enti locali gli scempi portati dall’alta velocità in Toscana, in Emilia ecc. e che però non è riuscita nel suo intento di fronte ad una comunità che ha scelto di autorappresentarsi e dall’altra più in generale un complesso mediatico ed istituzionale che, sconcertato dalla radicalità ormai desueta del movimento, evoca fantasmi del passato e sfodera le sue armi come se appunto perdere questa battaglia significasse perdere come in un effetto domino il privilegio della sovranità.

Il movimento non è infatti solo una macchina da guerra, non l’avrei definita una comunità autorganizzata altrimenti, esso è stato in questi anni e continua ad essere un luogo di relazione, di comunicazione, di scambio e produzione di sapere, che è in grado sia di affrontare il suo avversario sul piano delle tecnicalità (a cui generalmente l’opinione pubblica dovrebbe essere estranea), sia di uscire dall’ambito tecnico e locale e porrà una questione politica complessiva, che insita nel problema specifico stesso ( si tratta di quella ormai famosa articolazione tra locale e globale che nessun partito dello sinistra e mai stato in grado di comprendere). In sostanza si tratta di un movimento che mette in discussione tutti i privilegi del potere e che innesca una dinamica incontrollabile e per questo strutturalmente eversiva (da questo punto di vista per Napolitano sarebbe violento anche mangiare la polenta insieme davanti alle recinsioni del cantiere). Non è certo la prima volta che ciò accade certo, la storia è antica, ma è certo la prima volta da molti anni a questa parte che chi governa si trova a fronteggiare un avversario così determinato.

R.B