La noia di Monti

Non so, sono confuso ed annoiato. Sarà che studio e scrivo – per lavoro – da troppo tempo? Sì, perché non c’è niente di più ammorbante ed opprimente delle monotonia. La stanchezza dell’anima dipinta nei volti dei nostri genitori, che inseguono una pensione per uccidere il proprio trantran, il loro eterno ritorno quotidiano ne è l’esempio più lampante. Prendete mia madre, per dire, ha cambiato lavoro pochi anni fa e per quanto quell’attuale possa essere più stancante, ha un viso più sereno della media dei suoi coetanei. Sì, perché non svolge le stesse mansioni da una vita.

Diciamolo, il posto fisso è il grigiume cittadino fatto uomo o donna, smog dello spirito, inquinamento del pensiero… un viatico per l’arteriosclerosi. Come rappresentare questa noia, questo nulla di giornate sempre identiche a se stesse, quello del tutti a parlare del tempo, unica variante, pur se ciclica, di queste fotocopie di giorni? Difficile trovare la giusta metafora: forse è paragonabile solo alla noia di un discorso, sottilmente ironico (come il sorriso di ogni carnefice), del nostro poco amato Presidente Mario Monti.

Vorrei criticare l’abietta legge del lavoro che lui e la sua sodale Fornero stanno confezionando per ingropparsi l’Italia ed i lavoratori italiani. Ma non è possibile farlo… come criticare ciò che non prende mai forma, che non arriva mai su carta, quello di cui c’è un’urgenza (pare) così assillante, ma anche il tempo per tirarsela…? Forse il piano è prenderci per sfinimento.

Però resta la noia, probabilmente essenziale per fiaccare le nostre resistenze, la noia della retorica paternalista di papà Monti, così falso ed ipocrita, così pragmaticamente ideologico da farci, non abbiamo paura di dirlo, anche un po’ di pietà per la pochezza retorica del suo parlare.

Non dovremmo attaccarci ai tabù del ‘900, dice il nostro Mario. Ma il NO alla patrimoniale perché la “ricchezza che non si può toccare, né punire” non fa parte di quei tabù decrepiti? Abbiamo capito – ce lo ripetete ogni giorno – che le ideologie del secolo scorso sono morte. Ma perché allora propinate l’idea del mercato dispensatore di libertà, ricchezza e sviluppo: guardate che queste sono ideologie che nel ‘900 erano già vecchie di cento anni. Non so come stia Marx, caro Monti, ma Smith, Ricardo e J.S. Mill sono morti e sepolti. La crisi ha sepolto loro e tutti gli economisti neo-classici e/o teorici della scelta razionale. Il referendum del 12 e 13 dicembre  ha sancito come  il fetore di morte dell’ideologia del modello mercato abbia raggiunto anche le masse.

Padre Monti vorrebbe fare la riforma del welfare, per liberare impresa e lavoro dai vincoli dell’articolo 18, senza investire un soldo pubblico. Non dovrebbe essere lo Stato a garantire la continuità del reddito del lavoratore, dice messere il tecnico, ma l’azienda che lo “libera” dall’oppressione lavorativa.

Lei vuole prenderci per il culo, vero caro Monti? Tralasciamo il ricatto cui saremmo esposti, sapendo di poter essere licenziati dal padrone a cui, pure, dovremmo elemosinare il reddito “post”. Ma resta il fatto che lei mente sapendo di mentire:

  • In Italia, caro Monti, un’azienda che abbia bisogno economico di licenziare può farlo. L’articolo 18 non ci garantisce in questo caso, chiedete agli operai di Termini Imerese se avete dubbi. Dunque, la rigidità del sistema lavoro in Italia non dipende dall’articolo 18, ma dall’incompetenza media dei nostri capitalisti. Quello che lei sta cercando di fare è aumentare la forza di ricatto del capitale nei confronti di noi lavoratori. La flessibilità che si acquisirebbe sarebbe soltanto quella fisica: il lavoratori saranno convinti con le cattive a flettersi a 90° di fronte alle richieste dei padroni. In questo modo, gli adoratori del Dio mercato sperano che le imprese straniere possano venire ad aprire fabbriche ed uffici in Italia dove, guarda un po’, ci sarebbero condizioni di sfruttamento simili a quelle della Romania. Ecco, lei lavora alla rumenizzazione dell’Italia (invece che all’allargamento dei diritti del lavoratori ad est). Il modello Marchionne, in fondo, è questo: “non vorrei essere costretto a spostare la produzione in Serbia. Quindi se ci volete ancora qui, lavorate con le stesse condizioni dei serbi”.
  • Inoltre, guardi che il modello danese (o quello tedesco o nordeuropeo che dir si voglia) non gira attorno al reddito diretto garantito. Un sistema in cui io possa restare senza lavoro, con un reddito garantito di 700 euro al mese sarebbe una merda, ma forse una merda non peggiore di quella attuale. Ma se accanto a questi 700 euro ho uno Stato che investe nella sanità pubblica (come nei modelli scandinavi, caro Monti), che mi garantisce trasporti pubblici funzionanti, un’Università che funzioni e che sia davvero libera. Se lo Stato mi garantisce un diritto all’abitazione e protegge i beni comuni, insomma, se ci fosse una garanzia del reddito indiretto, accanto a quella miseria di 700 euro (che è una cifra come un’altra) la sua riforma avrebbe forse un senso. Invece è una sonora presa per il culo, oltre che una macelleria sociale schifosamente classista.

Perché, l’ideologo Monti dimentica (o finge di dimenticare) che ogni cosa, ogni provvedimento ha un valore diverso a seconda del contesto in cui viene fatto. Sapete, anche i comunisti più comunisti sono contrari all’articolo 18. Che senso ha, infatti, quando abolisci la proprietà privata?

Ma sì, si scherza caro Presidente. Non gridi al comunismo anche lei… (anche se, con noi, non sbaglierebbe). Però è stato lei a dire per primo “non parliamo solo di articolo 18”. Ma lei – che sa parlare solo di conti e noia, mai di diritti – sta centrando proprio su questo punto la sua “rivoluzione”. E l’obiettivo, dichiarato pubblicamente ma in termini politichesi (o economichesi), è quello di trasformare l’Italia in un Paese con condizioni lavorative paragonabili a quelle dell’Europa dell’est. Perché la Cina, la si combatte diventando un po’ cinesi anche noi.

Diciamo allora, caro Presidente, che la sua medicina contro la monotonia consiste in una dose pubblica di “emozioni forti”. Quelle emozioni che hai quando, anche lavorando, non hai idea di quale sarà il tuo futuro fra sei mesi. Contro il vuoto noioso piccolo borghese, cosa c’è di meglio di distribuire un po’ di sana disperazione tragica? Però ce lo dica in faccia, Presidente. Almeno lascerà agli italiani il diritto di disprezzarla.

Ma basta, sono discorsi stanchi e noiosi. Forse dovrei cambiare mestiere, non so… qualcosa che mi garantisca uno stipendio migliore. Fare carriera alla Bocconi? Credo che, visti i tempi, tirerebbe di più.

È vero, caro Monti, fare per tutta la vita lo stesso lavoro è una noia. Qualcuno dice la stessa cosa di vivere 50 anni con lo/la stesso partner. Io direi che a volta si ha a noia anche se stessi: infondo, è una vita che siamo la stessa persona. Però lasci a noi i nostri problemi esistenziali, che mischiarli a roba sostanzialmente diversa come la politica del lavoro è un po’ una cosa da str****.

Simenza