Il trionfo di #LePen segnala il disagio delle sinistre europee

Osservare le elezioni francesi da Parigi fa un effetto strano: è come quando sei ospite di una famiglia i cui membri, ad un tratto, iniziano a litigare fra loro. E devo dire, dopo aver visto qualche minuto di dibattito post elettorale, che veniva la nostalgia Santoro, Floris e quasi (ma solo quasi, non esageriamo) di Vespa.

Folklore a parte, molti osservatori hanno espresso preoccupazione per il successo di Marine Le Pen. La figlia del più celebre fascista francese, dopo probabilmente Pétain, è riuscita a sfondare, si dice, grazie anche ad una sapiente opera di pulizia dal folklore paterno: in realtà, il risultato più alto raggiunto del padre era stato di appena due punti percentuale più basso (o poco più).

Segno che già da tempo il fascismo è stato sdoganato in Francia. Un elettore su 5, quasi, ha votato la fiamma bianca rossa e blu. Terribile? La crisi sembra richiedere il coraggio di una svolta forte: qualcuno guarda a sinistra (lo testimonia l’avanzate del Front de Gauche), ma troppi anche a destra. E sono spesso le classi più disagiate, i “prolò” quelli a guardare con interesse alla svolta autoritaria, che chiuda le frontiere a merci e persone. Mentre l’avanzata della Gauche (moderata o radicale che sia), sembra giocarsi soprattutto nella classe media, in quella mentalità radical chic, definita oltralpe come quella dei bobo (bourgeois-bohème).

Forse, però, prima di preoccuparci per lo sdoganamento di una certa destra in Francia, dovremmo ricordarci che quest’uomo è stato ministro fino a qualche mese fa:

E non vedo qualità superiori in un Borghezio, rispetto alla tanto vituperata Le Pen. La diffusione della Lega Nord nel ceto operaio, la sciacquata di faccia a Fiuggi di Fini e camerati sono stati l’anticamera del successo Le Peniano.

In un certo senso l’estrema destra europea è da almeno 15 anni che alza prepotentemente la testa qua e là: svegliarsi quando arriva al 20% in Francia non è proprio il massimo. Soprattutto se a casa nostra ci sembra ormai quasi normale che un tipo come Alemanno, con la sua storia, possa essere il sindaco della Capitale.

La sinistra europea, quella realmente antifascista, sia istituzionale sia e soprattutto quella di movimento, dovrebbe iniziare ad interrogarsi sul perché giovani ed operai stanno diventando il terreno sociologico su cui attecchisce l’erbaccia nera. Ed invece di agitare soltanto il diserbante, sarebbe ora di chiedersi: a quali domande non siamo in grado di rispondere?

C’è una forte richiesta di cambiamenti radicali, di un riorientamento ideologico, di nuovi valori (o del recupero dei vecchi). Invece di difendere le nostre roccaforti, di vivere alla giornata, di resistere sempre e comunque, forse sarebbe meglio se provassimo a vincere. Il fascismo non lo si batte con la resistenza (con la r minuscola), ma con un’autentica tendenza rivoluzionaria. E la Resistenza (con la
R maiuscola) fu un movimento rivoluzionario, checché ne dicano i moderni revisionismi riformisti dei “bobo” nostrani.

Simenza