Non facciamoci arrestare!

Si urlano sempre tanti slogan per strada o sul Web. Uno dei più comuni per ora è: “La rivolta non si arresta!” o, come giustamente è stato scritto: “la democrazia non si arresta!”.

L’arresto dei compagni No TAV ha molto a che fare con la democrazia. Non si tratta qui di fare un’apologia al ribellismo, anche perché non si tratta di ribellismo. Una valle sta resistendo alla violenza inaudita dello Stato; violenza che i media non sembrano nemmeno capaci di nominare.

Anni di documenti, di stime fatte per dimostrare l’inutilità di una grande opera pensata soltanto per fare arricchire le banche finanziatrici; anni di cortei, di sit-in, di assemblee, di esperienze politiche, di incontri pubblici con membri di partiti, di lettere e comunicati; anni di lotta che dovrebbero andare in secondo piano di fronte alla prepotenza del “abbiamo i voti, abbiamo deciso così, si fa così”.

Chiunque arriva a capire che non è il voto a rendere “democratico” un sistema. E la pratica ripetuta di zittire le voci contrarie e imporre le decisioni “istituzionali” con il manganello accomuna il nostro Paese alle dittature fasciste. Continue reading →

Grecia: default pignorato

Non si è forse arrivati a quello tutti i sapienti analisti economici europei temevano? Il gran default (stra-annunciato, se non addirittura già da tempo avvenuto) della Grecia? Difficile infatti pensare che un Paese possa arrivare ad onorare titoli ormai volati al trenta per cento di rendimento. E allora? Si profila la catastrofe? Si spera di no, perché il default è una pratica economica controllabile, è una tecnica, un argentino una volta mi ha detto: è come la morte fa parte della vita non bisogna averne più di tanto paura.

Del resto anche il premio Nobel maudit Paul Krugman predica da mesi della necessità di un default pilotato europeo, piuttosto che intraprendere una politica di austerità decennale per ridurre il debito e la crescita (mito che dovremmo ripensare totalmente), tenendo al palo l’inflazione e con essa anche gli interessi del debito. Perché infatti questo totem antinflazionistico di sapore weimariano cavallo di battagli dei governi tedeschi? È la divinità protettrice di questo genere di circolazione fantasmatica del denaro, laddove chi è veramente ricco non sa neanche quanti soldi ha e non solo perché siano evidentemente tanti, ma perché condizione della ricchezza, per loro (ma la canzone la cantano anche a noi), è proprio la circolazione del denaro più che il suo possesso. O, per essere proprio filosofi, parlerei di un possesso circolante o sfuggente. Continue reading →

L’importante è crederci

Piccola perla del 1999 sul Partito Democratico:

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Nevica governo ladro

“Se me lo dicevi prima…” ripeteva una vecchia canzone di Enzo Jannacci e tale sembra essere anche il ritornello del Sindaco di Roma Alemanno. Ma perché parlare di lui in fondo? Della sua manifesta incapacità ed infantilismo? Perché riteniamo che ciò che è accaduto a Roma nei giorni scorsi, non sia il frutto di disguidi tecnici o sprovvedutezze personali, quantomeno non solo. Dietro a tutto ciò c’è una grande questione politica sui cui dobbiamo dire la nostra come tante volte abbiamo fatto in passato. La questione è quella dello stato di emergenza permanente, ovvero quel particolare modo di gestire la quotidianità dell’ordine pubblico con modalità autoritarie ed accentratrici ed una sostanziale sospensione di garanzie e procedure democratiche. Niente di nuovo sotto il sole certo, ma è fondamentale ricostruire i fili di questa storia per comprendere ciò che è accaduto.

Protagonisti della stagione delle emergenze sono stati indubbiamente da una parta Bertolaso e dall’altra Berlusconi, entrambi poi travolti dalla loro megalomania e dalla spietatezza della storia. Il duopolio B&B mirava a creare una sorta di business delle disgrazie e dei grandi eventi, trasformando addirittura la Protezione Civile in una società quotata in borsa, ma ciò era direttamente causato dalla mastodontica espansione della sua influenza. Ogni evento di ordine pubblico di una certa rilevanza era in infatti affidato alla Pc in modo da poterlo gestire al di fuori di qualsiasi logica di trasparenza e con metodi autoritari. Così le zone rosse sono direttamente passate da Genova all’Aquila, nell’iniziale plebiscitaria approvazione. Continue reading →

La noia di Monti

Non so, sono confuso ed annoiato. Sarà che studio e scrivo – per lavoro – da troppo tempo? Sì, perché non c’è niente di più ammorbante ed opprimente delle monotonia. La stanchezza dell’anima dipinta nei volti dei nostri genitori, che inseguono una pensione per uccidere il proprio trantran, il loro eterno ritorno quotidiano ne è l’esempio più lampante. Prendete mia madre, per dire, ha cambiato lavoro pochi anni fa e per quanto quell’attuale possa essere più stancante, ha un viso più sereno della media dei suoi coetanei. Sì, perché non svolge le stesse mansioni da una vita.

Diciamolo, il posto fisso è il grigiume cittadino fatto uomo o donna, smog dello spirito, inquinamento del pensiero… un viatico per l’arteriosclerosi. Come rappresentare questa noia, questo nulla di giornate sempre identiche a se stesse, quello del tutti a parlare del tempo, unica variante, pur se ciclica, di queste fotocopie di giorni? Difficile trovare la giusta metafora: forse è paragonabile solo alla noia di un discorso, sottilmente ironico (come il sorriso di ogni carnefice), del nostro poco amato Presidente Mario Monti.

Vorrei criticare l’abietta legge del lavoro che lui e la sua sodale Fornero stanno confezionando per ingropparsi l’Italia ed i lavoratori italiani. Ma non è possibile farlo… come criticare ciò che non prende mai forma, che non arriva mai su carta, quello di cui c’è un’urgenza (pare) così assillante, ma anche il tempo per tirarsela…? Forse il piano è prenderci per sfinimento.

Però resta la noia, probabilmente essenziale per fiaccare le nostre resistenze, la noia della retorica paternalista di papà Monti, così falso ed ipocrita, così pragmaticamente ideologico da farci, non abbiamo paura di dirlo, anche un po’ di pietà per la pochezza retorica del suo parlare. Continue reading →

La riforma Marchionne

Ci siamo, pronti? Partenza.. Via! Il governo dei tecnici si appresta a mettere mano alla riforma del mercato del lavoro. Per l’occasione si sono mobilitate tutte le menti malefiche che ruotano intorno all’economia ed al giuslavorismo, a fare, si potrebbe dire, da tecnici dei tecnici. La canzone è quella che da anni viene strombazzata dai principali quotidiani: modernizzazione, razionalizzazione, modello nord-europeo ecc., il contesto è quello di una crisi del capitalismo globale sempre più drammatica che, come ogni crisi, prelude ad una ristrutturazione complessiva del sistema ed è proprio alla luce di questo che va letto l’attuale, seppur sempre (ormai ci siamo quasi abituati.. e meno male che sono tecnici!) indeterminato, progetto di riforma. In che senso è vero questo? Nel senso che ci porta a ritenere che il vero padre di questa riforma, qualora venisse applicata, non sarebbe uno dei vari cani di razza della scuderia di centrosinistra, mobilitato per l’occasione (Ichino, Boeri) o una delle lamentatrici professioniste dell’agonizzante neoliberismo (Giavazzi, Alesina), nè tantomeno un losco, frustrato ed astioso Brunetta, bensì il pioniere dei pionieri: Marchionne. Continue reading →

Voci

Di politica preferibilmente non si parla più. Senz’altro il più impressionante risultato del governo tecnico finora. Di cosa dovremmo parlare di spread? Di borsa, di debito, di titoli in scadenza? Sì possiamo anche parlarne ma il nostro parere a riguardo vale come un qualsiasi luogo comume sulle mezze stagioni, ci limitiamo infatti a ripetere quello che è stato detto da altri o a guardare sconsolati altrove, tanto si ha a che fare con l’oggettività delle cose. Che vuoi farci? Il mondo va così? Lui ha deciso così. Una sorta di nuovo fatalismo che interviene laddove le divinità impalpabili del denaro ci chiedono sacrifici per placare la loro ira.

Meglio parlar d’altro allora certo, tanto appunto il governo autoproclamandosi orgogliosamente tecnico, non ha neanche un programma chiaro, a chi dovrebbe infatti renderne conto? Discute a porte chiuse e chi gli si oppone, fa la figura dell’isterico che si perde dietro alle voci di corridoio. Non è difficile vedere il disprezzo che sta dietro a tutto questo e non rivendicare il fatto che chi è preda delle voci non è certo chi non crede nella “buona fede” di questo governo, il quale anche se facesse bene il suo dovere, proprio per questo non potrebbe che fare tutto il male possibile. Continue reading →

… fondata sul lavoro?

La difesa della Costituzione è uno dei luoghi comuni più logori della sinistrata sinistra italiana. In linea con l’oscurantismo tipico del nostro Paese quando si tratta di parlare del periodo post Resistenza, si sottolineano sempre i forti valori dei Principi Fondamentali, dimenticandosi come la Seconda Parte, quella che costruiva l’architettura della Repubblica, fu pensata in diretta continuazione con i regimi precedenti. Questo preambolo serve, però, soltanto a chiarire come il mio intento non sia quello di inserirmi nello stesso filone di puristi della Carta: non è delle cose negative che ruotano attorno a questo storico documento di cui vorrei parlare. Anzi, l’obiettivo è proprio quello di cercare di recuperare quei fantomatici valori, tanto per capire come gli attuali interpreti dei giochi istituzionali italiani se ne facciano eredi o traditori.

E, da ritardatario cronico come sono, vorrei iniziare con una vecchissima polemica portata avanti dal simpatico (ex) Ministro Brunetta. Ricordate? Per lui la frase “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” non significava letteralmente nulla e proponeva di sostituirla con una formula più “razionale”. L’opinione, che fece arrabbiare molti fra i più sfegatati fan della nostra Carta, trovò però riflessi anche tra analisti e storici. Si disse che il primo articolo è una sorta di mediazione fra diverse tradizioni e che il riferimento al lavoro, di grande significato retorico, ma (pare) nulla di più, era soltanto una concessione ai comunisti. Insomma, l’espressione “fondata sul lavoro” sarebbe soltanto il cappello messo dai comunisti alla Costituzione, su concessione delle altre forze che avevano fatto la Resistenza e che ora partecipavano alla Costituente.

Non mi interessa qui entrare nei dettagli più storici, quanto porre una domanda: ma perché i comunisti si accontentarono di questo “cappello”? Qual’è il significato simbolico dell’espressione “fondata sul lavoro”? Cioè, anche ammesso che fosse solo una frase vuota, ma “evocativa”, che cosa evocava esattamente di così tipicamente “comunista”? Continue reading →

Il numero 3 è online

Sicuramente molti di voi speravano di trovare sotto l’albero  qualcosa di diverso da un numero di Ecrasez. Noi, però, ne andiamo particolarmente fieri.

Trovate tutto, come sempre, sul vecchio sito del giornale  (dove troverete anche i vecchi numeri), ma se avete fretta  potete scaricarlo direttamente da questo link. Come preannunciato, il numero verte sul tema della violenza a partire soprattutto da fatti del 15 ottobre.

Se volete commentare qualcosa, questo blog è a vostra disposizione. Col tempo, poi, penseremo a rianimarlo con post più frequenti.  Ci piacerebbe, intanto, ricevere suggestioni e critiche sulla nostra ultima fatica.

Buona lettura!

Un nouveau début

Écrasez l’infâme n. 3 è pronto. Si siamo in ritardo di almeno un anno e mezzo, ma non ce ne vogliate. Il collettivo ha deciso di riesumare il progetto, consapevole che di infami da “schiacciare”, in giro, ce ne sono ancora troppi.

Écrasez n. 3 uscirà come “speciale”. L’intento è quello di riprendere il nostro discorso soprattutto a partire da questo blog, accompagnandolo da “speciali” nel vecchio formato a “rivista”. Una rivista più snella di un tempo, orientata alla diffusione sul web e non stampata. Una rivista a tema.

Il tema, stavolta, è stata la violenza. L’approccio è rimasto, invece, quello di sempre: quindi radicale e quasi sempre estremamente filosofico.

Lo “speciale” sarà online prestissimo. Intanto, se vi va, cominciate a spargere la voce.